Il parco Negombo
San Montano è una profonda baia racchiusa tra il monte Vico e il promontorio di Zaro in uno dei più suggestivi angoli di Ischia, un'isola dove sin dai primi decenni del XX secolo si è diffusa la cultura della balneazione. Il giardino che possiamo ammirare oggi è il risultato di un lungo lavoro iniziato nel 1947 dal duca Luigi Silvestro Camerini, imprenditore e antifascista veneto (ma anche viaggiatore che molti ricordano perennemente vestito con abiti coloniali, innamoratosi del Sud dopo il confino a Ponza), proseguito dagli eredi e, nel 1988, dall’intervento appassionato di Ermanno Casasco. Nell'intenzione originaria di Camerini il territorio doveva ospitare un giardino botanico irrigato con un complesso anche se rudimentale sistema di vasche e percorso da sentieri scavati nella roccia del monte Vico.
Non fu impresa facile creare una proprietà unica e vasta come il Negombo, giacché all'epoca il terreno era suddiviso in lotti coltivati a orto di proprietà di molte famiglie differenti. Per accorparli furono necessari alcuni anni e non poche battaglie, ma, alla fine, arrivarono cicas, cocos, ficus elastici, zamie, sterlizie che giustificarono anche quel curioso nome rubato a una baia di Ceylon, visitata in uno dei viaggi dal Duca. Lo spirito della natura mediterranea non fu soppiantato dall'arrivo di essenze africane, australiane, giapponesi o brasiliane. Se ne percepisce la presenza ma non è in contrasto con le altre essenze. Negli anni Settanta il luogo passò da parco privato a parco idrotermale aperto al pubblico (per raggiungere l'autofinanziamento e salvare questo patrimonio verde) e, negli anni Ottanta, il figlio del duca, Paolo Fulceri Camerini,dopo aver realizzato le principali piscine e i servizi di bar e ristorazione, percepì la necessità di rimettere mano alla struttura del giardino per farne un insieme più armonico e meno 'selvaggio'.
Impegno portato certamente a termine ed ancora oggi “work in progress” costante. Ecco dunque l'introduzione di piante mediterranee che non erano presenti (o che non erano sopravvissute) come il mirto, l'olivo, il sughero, ma anche, coerentemente rispetto all'idea originaria di parco botanico, la messa a dimora di nuove essenze australiane o americane, perfettamente integrate nell'insieme(Metrosideros, Malaleuca, Macrozamia, Erytrina, ecc.ecc). Ed ecco, dal punto di vista strettamente architettonico, il recupero dei terrazzamenti, dei muri a secco, della scala centrale, l'inserimento di cadute d'acqua sulle balze e la creazione di nuove esperienze termali più che banali piscine(Il labirinto, Maya, Templare, Onphalos, Nesti). Non ultimo l’introduzione nel paesaggio di un percorso “artistico”con l’installazione di numerose opere di arte contemporanea a partire dal grande arco in ceramica di Arnaldo Pomodoro “Arc-en-ciel”e l’opera “Riva dei Mari”. Il “Volo” opera in bronzo di Giuseppe Maraniello. Lo “Strale” di Lucio del Pezzo , “Gli occhi di Neri e di Nesti” di Laura Panno, “Sprigionamenti” di Gianfranco Pardi, “Incontri” di Simona Uberto.
Uno dei punti di forza del Negombo è che non si può disgiungere questo paesaggio con la funzione pratica del luogo. Del resto lo sfruttamento a fini medico-salutari delle terme è, come tutti sappiamo, storia antica. I Romani già conoscevano e frequentavano questi luoghi, dove sorgevano ville e giardini di grande bellezza. Con alterne vicende, nel corso dei secoli le terme non furono del tutto abbandonate e vennero riscoperte, come si accennava, con l'inizio del secolo, in concomitanza con la valorizzazione della balneazione.