Jubaea chilensis

Fam. Arecacee

L’alto tronco privo di rami della palma sarebbe stato ideale per trasportare ed erigere le statue e costruire grandi canoe. Alcuni si sono chiesti perché non si sono guardati intorno, non si sono accorti di ciò che stavano facendo, e non si sono fermati prima che fosse troppo tardi? Cosa stavano pensando quando tagliavano l’ultima Jubaea?
La foresta dalla quale gli isolani dipendevano per i rulli e le corde non è semplicemente scomparsa in un giorno, ma è svanita poco a poco nel corso di decenni. Il primo esploratore a sbarcare sull’isola fu un olandese, la domenica di Pasqua del 1722, per questo fu battezzata isola di Pasqua.

La Jubaea chilensis o Palma del Cile è considerata una delle palme più belle al mondo e chiamata, in origine, “colonna del paradiso”, è caratterizzata da un lento accrescimento ed è molto longeva. Ci vogliono infatti diversi anni per raggiungere dimensioni medie della pianta, anche più di 20 anni.

La palma è anche una valida fonte di cibo, dal momento che l’equivalente Cilena fornisce sia i frutti commestibili anche da freschi, sia la linfa dalla quale i Cileni ottengono zucchero, sciroppo, miele e vino. Quest’ultima viene estratta da incisioni praticate sul tronco; il liquido così ottenuto viene poi raccolto in un contenitore e, in seguito ad un processo di fermentazione, si trasformerà in una bevanda alcolica aromatica e dolce.

La linfa, dopo bollitura, è venduta nei paesi d’origine come “Miel de Palma”. Il nome del genere di questa palma è dedicato a Juba II, che fu nell’antichità sovrano di Numidia e di Mauretania, mentre l’epiteto specifico deriva dalla zona di origine.

Dopo questo inquadramento botanico della Jubaea, e curioso raccontare una storia ambientata su un’isola oceanica di origine vulcanica, con una estensione territoriale di circa 166 km2, distante 3200 km dal continente più vicino. La posizione geografica contribuiva a mantenere un clima temperato, e un terreno fertile per le sue origini.

Circa 2000 anni fa questa era una foresta subtropicale di alberi e arbusti e ricca di vegetazione da sottobosco. L’albero più comune nella foresta era una specie di palma, in quel tempo così abbondante che gli strati inferiori della colonna di sedimenti erano stipati del suo polline. La palma dell’Isola era strettamente imparentata con la tutt’ora esistente palma da vino del Cile, Jubaea chilensis.

Poi intorno al 400 d.c. l’insediamento dell’uomo, lo sfruttamento dell’ecosistema, credenze mitologiche e la stupidità dell’uomo portarono ad erigere oltre 900 statue monumentali di pietra su piattaforme. Col passare degli anni, le statue e le piattaforme divennero sempre più grandi, e solo dopo 400 anni si notarono dei cambiamenti nella quantità di piante, fino alla loro scomparsa definitiva nel 1400.

Diversi esploratori che lo seguirono la definirono desertica e di scarso interesse. Il disastro ecologico causato dalle tribù indigene la rese non più abitabile.

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Una Seconda Natura

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