Meryta dehnanij Seem.

Fam. Araliaceae
Si conferma la vocazione di famiglia: foglie grandi e di forma inconsueta per una pianta originaria della Nuova Caledonia.
La specie proviene da un posto molto, molto, lontano; una piccolissima isola del Pacifico, l’Ile des pins, non più grande di 250 kmq, facente parte dell’ arcipelago della Nuova Caledonia, un territorio francese d’oltremare scoperto nel 1774 dal capitano inglese James Cook che osservando il profilo dei rilievi montuosi di queste terre sconosciute ebbe nostalgia di casa e le chiamò Nuova Caledonia dal nome antico della Scozia, terra d’origine di suo padre . Sono isole emerse più di 280 milioni di anni fa in mezzo al Pacifico tra la Nuova Guinea, l’Australia e la Nuova Zelanda, caratterizzate da un isolamento pressoché totale che ne ha fatto un paradiso botanico con più di 3300 specie endemiche , tipiche del luogo. Tra esse soprattutto il famoso pino colonnare, una specie di araucaria che caratterizza i boschi presenti sui bassi rilievi, insieme a felci e ad oltre 38 specie di palme anch’esse endemiche, immerse in una vegetazione primordiale. E’ da questa vegetazione fatta di boschi assolati ed umidi che ha origine Meryta denhamii ma ci vorranno ancora cento anni dalla scoperta di queste isole lontane perché William Grant Milne, un giardiniere inviato dal Botanic Garden di Edimburgo, nel corso di una spedizione sull’isola, presti attenzione a questo alberetto tutto foglie mandandone alcuni campioni ai Giardini Botanici Reali di Kew dove nel 1860 arriverà a fiorire in serra. Due anni dopo il botanico Berthold Seeman la descriverà dandole il nome di Meryta denhamii in onore del capitano Denham che aveva comandato la spedizione del Botanic Garden

“Amo l’incolto, perché non vi si trova nulla che abbia a che vedere con la morte. La 

passeggiata nell’incolto è aperta a tutti gli interrogativi perché tutto quello che vi succede 

è destinato a eludere le speculazioni più avventurose. Il fatto che l’Ifl a (Fondazione 

internazionale dell’architettura del paesaggio) classifichi le aree industriali abbandonate 

come dei paesaggi in pericolo è un segnale davvero rivelatore. Si interpreta la riconquista 

di un terreno, da parte della natura, come una degradazione, quando invece è esattamente 

il contrario. E’ un residuo di idee stereotipate, come quella per cui l’uomo non deve mai 

cedere il terreno che ha conquistato. Tutto quello che l’uomo abbandona al tempo, offre 

al paesaggio la chance di essere contemporaneamente segnato, dalla sua presenza, e 

liberato.” Gilles Clemènt

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Una Seconda Natura

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